Diario della quarantena

Il mio diario? Più complicato della quarantena stessa. Ogni giorno i mille impegni hanno scandito le ore del tempo, quasi fossero quell’orologio interno, tic-toc, che non smette di girare vorticosamente. La mattina? Sveglia presto, prestissimo. Il tempo di fare rassegna stampa cartacea e web, selezionare le notizie di lavoro e programmare quelle del nuovo giorno. Tic, toc. Una veloce colazione, qualche telefonata e di corsa al pc. Il tuo alleato, il tuo amico fidato. Più di una moglie, quasi. Più di un familiare con cui, nei giorni del lockdwon, quasi quasi, hai cercato il contatto fisico, non riuscendovi. Tic,toc. Lo scrittore Jacques Prevert diceva che la lentezza dei minuti consente di “assaporare” meglio l’ora intera. È così, anche per me. Parafrasando proprio Prevert e ricordando gli anni del Liceo, dell’Università, la lentezza del virus e delle giornate casalinghe ha fatto “assaporare” meglio la vita. Le cose belle,quelle importanti. Le scelte compiute, quelle da fare. Così, dopo rassegna e pc e poi ancotra tablet e poi ancora pc portatile, tutti rigorosamente collegati, l’arrivo del pranzo è una benedizione alla pausa mattutina ed al lavoro. Il mio lavoro? Faccio il giornalista, caro diario. Di tutto, un po’. Tic, toc. Stesso identico refrain il pomeriggio con i comunicati stampa da imbastire, gli articoli e le pagine per Gazzetta da completare e impaginare, titolare, rivedere. Il coordinamento del portale web Cdn, le videointerviste da realizzare. Le altre mille telefonate e l’attesa di buone novelle. Numeri, bollettini, grafici, esperti a confronto. Nella nostra mente – e nelle nostre vite – sono comparsi quasi d’improvviso. Chissà quando andranno via. Una vita intensa, comunque. Anche da casa. Per questo, poi, ognuno di noi – almeno per me è stato così – si è dedicato in parte anche a cucinare, insieme all’amata, qualche sfizio culinario, qualche ingrediente sconosciuto, qualche prova del cuoco fantasiosa. E poi, manco a dirlo, spazio alla lettura. Che bello, caro diario, tornare ad avere tempo per aprire quei libri lasciati lì, sul comodino, uno sopra l’altro.

“Un giorno vi leggerò”, la preghiera ironica della sera, di ogni sera. Prima del Covid. Quel giorno, quei giorni sono arrivati. Ci si ambienta facilmente a casa propria, sai caro diario. E non sarà per nulla facile tornare alla “normalità –a-normale” di prima. Platone citava spesso i suoi maestri per trovare stimoli e inventive nuove. Facciamo un diverso esperimento; rovesciamo la medaglia: e se proprio questo stramaledetto virus ci avesse consentito di migliorare anche noi stessi? Di trovare, al nostro interno, nuovo stimoli e nuove condotte di vita anche per noi? L’esempio più bello viene dalla forza degli anziani, degli over per usare le parole del vulcanico presidente della FederAnziani. Nella loro semplicità ed in parte serenità sono stati forse più coccolati. Ma non hanno mai perso la fiducia e la speranza. Il consiglio in più fornito al figlio, alla nipote, ai propri cari. L’emblema italico è rappresentato allora dai nonni, dalle iniziative che questa federazione ha portato avanti in questo periodo. Tic, toc. Le lancette continuano a scorrere, mi tocca tornare al mio pc. Ed a scrivere, scrivere, scrivere. Che noia, che barba. Avrebbero detto Sandra e Raimondo. Eppure, anche questa è vita, caro diario. Tic, toc. In un attimo quel rintocco si ferma. Cosa succede, mi chiedo? È l’alba. L’alba di un nuovo giorno, senza più restrizioni e bollettini. Senza mascherine e preoccupazioni. Tutti all’aria aperta, tutti di nuovo frenetici. E tutti, insieme, abbracciati.